Trasferirsi in Senegal, un paese caldo, giovane e dinamico, sta diventando una scelta sempre più popolare. Sono oltre 2.500 gli italiani che provano a realizzarsi in questo ospitale paese dell’Africa Occidentale e ogni senegalese all’estero sogna un giorno di rientrare per investire i propri risparmi.
Ma non è tutto oro quel che luccica. Occorre innanzitutto togliersi dalla testa alcuni pericolosi pregiudizi. Per esempio che “in Africa è più facile” oppure che “lì si vive con poco”.
Proviamo a capirne di più con Chiara Barison, 37 anni, giornalista televisiva che vive da otto anni a Dakar.
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Ciao Chiara, cosa ti ha portato a Dakar per la prima volta?
Era il 2001, studiavo Scienze della Comunicazione a Trieste e sono andata ad Amiens in Erasmus: avevo diversi compagni di studi senegalesi che mi hanno invitata a trascorrere le vacanze nel loro paese di origine.
Ventenne, spinta dalla curiosità, sono partita. Devo confessare che in quel primo viaggio il Senegal non mi aveva troppo affascinato. Ero però rimasta impressionata dai suoi tratti moderni, rendendomi conto che i media occidentali nascondono sistematicamente questo lato dell’Africa.
Ho realizzato una tesi sul fenomeno della trasmigrazione senegalese nel Nord Italia proseguendo con un dottorato in Politiche Transfrontaliere sul tema del confine tra Senegal e Gambia tornando più volte per ricerche sul campo.
Trasferirsi in Senegal: come sei arrivata a prendere questa scelta?
Durante gli anni del dottorato ho intuito che in Italia non c’era alcuna possibilità di proseguire in campo accademico. Ho notato invece che il Senegal, come anche altri paesi africani, stava iniziando ad attrarre giovani migranti europei in cerca di opportunità.
Un ruolo centrale in questa dinamica è da attribuire ai senegalesi all’estero, molto bravi a veicolare la propria identità e l’amore per la propria patria, incuriosendo gli stranieri.
Sempre più ragazzi decidono di trasferirsi in Senegal, a volte assunti da ex migranti che, rientrati in patria, hanno avviato aziende di successo. Oppure ci sono imprenditori che, anche grazie al supporto dei propri dipendenti senegalesi, si lasciano alle spalle la stagnazione economica europea per spostare l’attività in un paese dinamico e aperto agli investimenti stranieri.
Come sei diventata conduttrice della più popolare TV privata?
Nel 2010 ho scelto di trasferirmi per collaborare come docente in alcune università private e ho aperto Dakarlicious, blog dove riflettere sul tema delle migrazioni e dell’identità partendo dalla mia esperienza.
Dopo qualche tempo sono stata notata da TFM Télé Futurs Médias, stazione TV fondata dal celebre cantante Youssou’n’Dour, dove oggi conduco “Parmi Nous”, rubrica di sociologia all’interno del programma “Yeewu Leen” (“Svegliatevi”, in lingua wolof).
Parliamo di cultura e società con un’attenzione particolare alle migrazioni internazionali.
Ho scelto di focalizzarmi sul valore della “Teranga” (ospitalità) che è la prima cosa che ogni senegalese ti dice del suo paese. Considerando che qui vivono 84 comunità straniere ho provato a dargli la parola per raccontare gioie e dolori del trasferirsi in Senegal e viverci per anni.
Un percorso molto interessante perché, alla fine, per chiunque è difficile mettersi in discussione in questo campo. La xenofobia è un tratto profondamente umano e non sempre i grandi proclami di “facile integrazione” in questo paese sono poi così reali.
La stragrande maggioranza degli stranieri affermano che il Senegal è pacifico e accogliente ma emergono anche aspetti che i senegalesi sottovalutano spesso. Storie di discriminazione e pregiudizi che, sebbene poco note, si possono trovare anche qui.
Trasferirsi in Senegal: qual è l’aspetto più bello e quello più faticoso?
In Senegal, in questo momento storico, puoi mettere alla prova i tuoi sogni. Non so spiegarlo razionalmente, perché in realtà non è affatto banale realizzarsi a queste latitudini.
Ma trasferirsi in Senegal significa mettersi in gioco in maniera importante.
Per quanto ci si radichi si resta stranieri in un luogo che resta, per certi aspetti, sconosciuto. Questo è allo stesso tempo faticoso ma anche entusiasmante.
Dopo anni le differenze culturali possono diventare un peso. Tutti i migranti, a un certo punto della loro esperienza, vivono delusioni o difficoltà. Perché manca il paese da cui si è partiti. Perché ci si scontra con questioni che ti fanno sentire estraneo al contesto.
Cosa hai imparato da questi anni a Dakar?
Sono diventata cosciente della mia diversità, un aspetto su cui non avevo mai riflettuto. E mi ha insegnato ad essere paziente.
Proprio attraverso le inevitabili difficoltà e gli scontri ho imparato a guardarmi dentro e conoscermi meglio.
Quali sono le più interessanti opportunità in questo paese?
L’economia del Senegal è in piena espansione e quindi ci sono tante opportunità, praticamente in ogni settore economico. Ha un’ottima posizione geografica, è stabile da anni e la sua popolazione ha un’indole del tutto pacifica.
Attenzione, direi che questi aspetti rendono “meno difficile”, non “più facile”, trasferirsi in Senegal e realizzarsi sul piano umano e professionale.
Che non è mai banale o una questione puramente geografica.
Quali sono gli errori da evitare nel provare a trasferirsi in Senegal?
Un errore tipico di chi arriva in un luogo come questo dall’Italia è quello di sottovalutare le difficoltà che ci sono nell’inserirsi nel contesto socio-economico locale.
Per una sorta di “razzismo inconscio” tanti credono, alla fine, di essere superiori agli africani che potrebbero, al massimo, essere solo destinatari della loro pietistica carità.
Ho visto connazionali trasferirsi in Senegal convinti di potersi mantenere insegnando italiano. Peccato che non avevano alcuna esperienza didattica e non consideravano che qui ci sono numerosi insegnanti senegalesi super-qualificati in italiano L2!
Non si può più sognare di trasferirsi in Senegal e trovare un lavoro solo grazie al passaporto (europeo). Figuriamoci pensare di essere pagati meglio perchè bianchi!
Vivere qui è costoso (a Dakar bisogna oggi considerare almeno mille euro al mese) e gli stipendi locali bassi (se si cerca lavoro in loco senza arrivare come “expat”).
Per trasferirsi in Senegal con successo è imprescindibile portare qualità, che viene ricercata, e retribuita, perchè manca. Se si hanno reali esperienze e qualifiche ci si può inserire bene a livello professionale.
Come valutare l’opportunità di investire in un’attività imprenditoriale?
Bisogna assolutamente conoscere bene il contesto e questo è possibile solo con una serie di viaggi di persona. Sconsiglio di affidarsi ciecamente a “mediatori” senegalesi conosciuti in Italia che spesso non si rivelano ciò che promettevano.
Sono molto frequenti le truffe in questo senso. Bisogna essere molto vigilanti e avere una buona dose di umiltà rispetto a sè stessi e alle proprie capacità.
Poi sottolineo ancora una volta: professionalità e qualità. Ricordando che se si è mediocri in Italia si resterà mediocri anche in Africa!
So che ti danno fastidio i toni a priori afro-ottimisti. Spiegaci meglio
Mi è capitato spesso di assistere, da parte di alcuni connazionali, a idealizzazioni pompose del Senegal.
Una mitizzazione della terra africana, che chiamo afro-entusiasmo, a cui purtroppo seguono inevitabili delusioni. Perché la realtà è diversa dall’ideale, come in ogni campo della vita.
Mi piace piuttosto citare le parole dell’amico Hamidou Anne, apprezzato giornalista senegalese, che mi ha insegnato che:
non bisogna essere né afro-ottimisti, né afro-pessimisti, ma afro-realisti.
Questo è in definitiva il mio consiglio a chiunque voglia guardare con serietà a questo contesto.
Come vedi il futuro di questo paese?
In breve, il futuro del Senegal dipende dai senegalesi. Questo paese ha tutte le caratteristiche che potrebbero portarlo a uno sviluppo importante.
Purtroppo c’è una mentalità che frena tutto questo: parassitismo familiare, corruzione, la filosofia del “non è grave!” (“gerawul” in wolof).
Perchè un paese cresca occorre lavoro, dedizione, attenzione al dettaglio, qualità. Vedo che tanti giovani senegalesi stanno maturando questa coscienza. Se il paese saprà valorizzare la sua grande diaspora all’estero, che ha uno sguardo più oggettivo e distaccato sul Senegal, si potrà fare molto.
Non sono troppo ottimista, ma spero di sbagliarmi.
Il punto di forza del Senegal sono le persone, i suoi giovani. Il paese non ha tante risorse naturali ma notevoli risorse umane. I senegalesi sono ingegnosi, hanno una capacità di reinventarsi, di ricostruire, di rimettere in piedi qualsiasi cosa, di fare rete, di promuovere la propria nazione all’estero.
Il cambio di passo è bloccato anche dal “rivestire” lo stereotipo occidentale dell’africano bisognoso di aiuto. Una “filosofia della mano tesa” che rappresenta un rischio enorme per il paese. In questo senso è fondamentale un lavoro culturale per modificare questa percezione.
Consigli di lettura per avvicinarsi al Senegal?
Consiglio di partire da Léopold Sédar Senghor, primo presidente, anche se oggi è sottovalutato se non ripudiato dai senegalesi stessi. È stato un personaggio grandissimo, un avanguardista per i tempi.
Avvicinarsi ai suoi testi consente di capirlo al di là dei falsi miti che sono stati costruiti su di lui e apprezzare l’eredità che ha lasciato nel paese in termini di valorizzazione del ruolo della cultura e di rispetto della diversità.
Poi “Patience”, una canzone di Nas e Damian Marley il cui testo dice molto sul Senegal e in generale sul continente.
Come (e dove) ti vedi tra dieci anni?
Spero di avere un lavoro che mi permetta di viaggiare. Di essere quindi nomade in qualche sorta, itinerante. Un po’ come fanno i senegalesi una volta che riescono ad ottenere i documenti in Europa. Vivere questo transnazionalismo tra più paesi facendo propri tanti luoghi senza appartenere a nessuno.
Oggi come oggi mi sento più orientata al ritorno. Mi identifico molto con l’esperienza dei senegalesi che hanno vissuto in Italia. Li capisco sempre più grazie alla mia esperienza qui in Senegal.
Capisco la loro nostalgia, le difficoltà, l’attaccamento alla terra che ti ha accolto ma anche come si riscopra, partendo, la terra da cui provieni.
Se oggi mi sento fiera di essere italiana lo devo proprio alla mia esperienza senegalese.
Ci si vede nella community!