Intraprendere con l’Africa senza farsi male è tutto tranne che banale.
Avendo visto fallire schiere di piccoli imprenditori armati di buone intenzioni, mi sono accorto che esistono alcuni business model che funzionano meglio di altri. In particolare in questo periodo così complesso e turbolento.
Se sei qui e stai leggendo questo post, spero potrai fare parte della minoranza di imprenditori che ce la fa.
Per aumentare le tue chance, alla fine, ti presento un’occasione che non devi farti sfuggire.
Pronti? ViA!
1. Offrire formazione e consulenza
Troppi imprenditori sono convinti di poter solo “vendere ferro” (prodotti, macchinari, tecnologia, ecc.) senza rendersi conto che, in ogni Paese africano, c’è tanto valore che si può generare legato all’esperienza e al saper fare.
In altre parole, al saper correttamente utilizzare il “ferro” che eventualmente si vende.
In questo senso, un approccio che consiglio a chi vuole intraprendere un nuovo progetto con l’Africa è quello di iniziare proponendo un servizio (es. formazione, consulenza, affiancamento) anzichè un prodotto.
Si tratta, genericamente, di un modo con cui puoi contenere i costi fissi e aumentare così il tasso di successo del tuo progetto.
Una semplice analisi delle competenze (tue e della tua squadra) potrebbe evitarti di creare pesanti strutture (a livello gestionale e finanziario), iniziando come consulenti affiancando aziende già consolidate.
Il fatto che i mercati africani siano, apparentemente, meno “sofisticati” di altri non significa poter ignorare alcune pratiche consolidate tra cui:
- l’importanza di “invertire il rischio” nella transazione che chiedi ai tuoi clienti offrendo garanzie e testimonianze di clienti soddisfatti
- modelli di tipo Freemium (dare qualcosa gratis, far pagare il resto)
- accordi a Subscription (che puntano al valore della relazione con il cliente nel tempo più che alla singola transazione).
Insomma, prima di pensare di fare tutto da solo, se sei piccolo ti conviene studiare le possibili alleanze strategiche, partnership e Joint Venture per ridurre all’osso i costi fissi.
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2. Esportare Made in Africa nel mondo
Anzichè buttarti nella mischia di chi sgomita per esportare in Africa prodotti finiti senza conoscere con precisione le necessità di quei mercati, perchè non studi cosa importare dall’Africa all’Europa?
Mi spiego meglio.
Non parlo solo dei tipici prodotti africani (alimentari, cosmetici, abbigliamento, ecc.), la cui domanda è peraltro in continua crescita, ma in generale della costruzione di partnership win-win con produttori e fornitori del continente.
Il trend “Made in Africa” è, senza eccezioni, in cima all’agenda di ogni governo africano.
Posizionandoti al suo fianco potrai costruirti una reputazione che ti aprirà ben più porte che cercare di vendere localmente senza essere conosciuto da nessuno.
Lavorare per creare nuove catene del valore, dove anche le commodities vengono scambiate in alleanze virtuose tra produttori e utilizzatori, è un fronte cruciale in questo periodo di generalizzato aumento dei prezzi che ha reso molte aziende europee all’affannosa ricerca di nuovi fornitori.
Tempo fa ne parlavamo, rispetto al cacao, con Andrea Mecozzi di Chocofair. Ma vale un po’ in ogni filiera, a partire dal caffè dove quest’anno l’Uganda è diventata il secondo fornitore dell’Italia (dopo il Brasile).
Analogamente, non scordare quanto dico da tempo.
Ovvero che l’industria culturale africana (musica, cinema, arti visive) è in piena espansione. Scegliere di posizionare, con attenzione e cervello, la tua azienda a fianco di questo universo non potrà che regalarti soddisfazioni.
Tutto questo senza dimenticare nè tradire il tuo essere italiano (per nazionalità o lingua/esperienza).
Sarà anzi un valore aggiunto nel creare nuove ibridazioni e visioni.


3. Offrire servizi di qualità alla classe media
Nonostante le Cassandre pronte a gridare allo “sfacelo pandemico”, l’Africa resta una zona del mondo dove la classe media continua a crescere.
Parliamo di oltre 170 milioni di persone che hanno una capacità di spesa dagli 11 ai 110 $ al giorno per famiglia.
Entro il 2030 oltre il 43% degli africani avranno a disposizione un reddito discrezionale (denaro in tasca oltre alle “spese vive” di vitto e alloggio) e la regione sta vivendo l’urbanizzazione più rapida della storia umana.
Cosa sei in grado di offrirgli? Quanto ne conosci gusti, problemi, necessità?
L’esperienza mi ha insegnato che partire dalle loro necessità può essere un buon modo per intraprendere con l’Africa senza spostarsi da dove ti trovi adesso.
Giusto qualche esempio prima di concludere con la sorpresa.
Nel settore del turismo, sebbene massacrato dalle misure anti-Covid, è bizzarro rilevare l’assenza di tour operator specializzati nella nicchia di africani alto-spendenti verso l’Italia o in generale l’Europa.
Nel settore della sanità e dell’istruzione specialistica, ci sono altrettante possibilità nel servire una domanda in crescita e sempre più esigente che cerca servizi e possibilità assenti in loco.
Certo, per un africano (anche della classe media) non è semplice viaggiare in Europa. E la pandemia ha peggiorato la situazione.
Ma anche questo problema, se ragioni da imprenditore, può essere un’opportunità di business.
Aiuta gli africani a venire a capo – legalmente! – delle assurde barriere burocratiche del Vecchio Continente e non ti mancherà mai il lavoro per i prossimi decenni!
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Da anni incontro persone con idee e visioni di quanto potrebbero fare con l’Africa.
Fermi tra il “vorrei ma non posso”, mitologie “startuppare” e il desiderio proibito di trovare “l’investitoreeeeh” che gli risolva tutto, non fanno nulla.
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