Se volete cambiare il mondo, non andate in Silicon Valley, non perdete tempo con App e giochini. Venite qui in Africa. La tecnologia ha un enorme impatto sociale.
Simone Vaccari, 31 anni, è Credit Director di PEG Africa, azienda che distribuisce soluzioni fotovoltaiche nelle campagne di Ghana, Costa d’Avorio e Senegal.
L’abbiamo intervistato per farci raccontare come ha deciso di lasciare una promettente carriera corporate per l’avventura di lavorare in una startup africana.
Chi era Simone prima di arrivare in Ghana?
Ho costruito il mio percorso per arrivare il più velocemente possibile sulla vetta. Senza sapere cosa volessi davvero. In quarta liceo facevo già i test per la Bocconi. Poi Master in Spagna e assunzione nel dipartimento Marketing di Vodafone a Londra.
Intanto maturavo la volontà di fare un’esperienza in un Paese emergente. Dopo 3 anni riesco a farmi assegnare a un progetto sul Mobile Money in Ghana.
Insieme a mia moglie Sabrina facciamo le valigie e partiamo.
Come avete trovato Accra?
Un contesto molto diverso da quello a cui eravamo abituati. Affrontato da subito con energia e curiosità. Sabrina ha iniziato a collaborare con Operation Smile, organizzazione che cura gratuitamente persone nate con il labbro leporino. Si è appassionata a tal punto da far diventare il Ghana il primo paese africano per numero di operazioni e coinvolgimento di medici locali.
Dopo due anni in Ghana sarei dovuto rientrare a Londra per essere promosso quadro. Ma non potevo più tornare a quella vita. Volevo mettere la mia esperienza a disposizione di un’azienda più piccola e dinamica che avesse un impatto sociale.
Mi ero reso conto di come l’elettricità sia un problema davvero grave. Pochi chilometri fuori da Accra c’è gente che vive al ritmo del sole. Quando tramonta finisce tutto: chiudono i negozietti, i bambini smettono di studiare, perchè l’unica possibilità è il cherosene.
Che fa male a polmoni a occhi. E costa tanto.
Come hai scoperto PEG Africa?
Mi sono imbattuto per caso in quest’azienda ghanese, fondata pochi anni prima da due australiani. Il modello di business è semplice: vendere sistemi fotovoltaici (pannello, batterie e LED) a persone che vivono in zone remote senza elettricità.
Considerato il ridotto potere d’acquisto di queste famiglie, il prodotto viene finanziato e i clienti lo pagano con piccolissime rate giornaliere tramite il mobile money.
Ho pensato che fosse un’ottima opportunità per riutilizzare le mie competenze in settore differente da quello delle telecomunicazione ma con alcune dinamiche simili in termini di acquisizione e gestione clienti.
In Ghana mi sono reso conto di quanto la vita possa essere dura e ho capito che volevo usare il mio tempo per dare un contributo verso una vita più dignitosa per tutti.
Quando hai migliaia di famiglie che prima andavano solo a cherosene e oggi usano il solare capisci che è possibile fare profitto (PEG è una for-profit) migliorando concretamente la vita delle persone.
Ad oggi abbiamo installato oltre 50mila sistemi fotovoltaici in Ghana e Costa D’Avorio. Quando sono entrato eravamo in 30. Oggi abbiamo 340 collaboratori (tutti locali tranne dieci) e stiamo aprendo in Senegal.
C’è molto interesse per il modello adottato, perchè PEG è un’impresa sociale sostenibile nel tempo senza dover cercare continuamente donazioni.
Qual è stata la scintilla per assumerti il rischio di lasciare Vodafone?
Ho pensato che se avessi voglia di tornare in una multinazionale lo potrò sempre fare. E che fare un’esperienza in una realtà piccola ma in forte sviluppo mi avrebbe fatto crescere dandomi la soddisfazione di risolvere problemi reali.
La verità è che non saprai mai se era giusto o sbagliato fare qualcosa finchè non provi.
Sai solo cosa perdi. Ma anche che, se vuoi, potrai tornarci. Il rischio c’è ma in fondo è ovunque ed è sempre più sulla carta che nella realtà.
La cosa più bella e quella più faticosa del vivere in Ghana
Il Ghana è un Paese libero con gente fantastica, gentile, simpatica. Logica e comportamenti sono molto diversi dall’Europa. Per questo devi sempre reinventarti per riuscire a fare le cose e questo è un aspetto molto stimolante.
Il Ghana è poi molto sicuro rispetto ad altri Paesi del West Africa. Nel weekend puoi andare ‘in vacanza’ a rilassarti in una bella spiaggetta tra palme e cocchi.
La cosa più difficile non è sul lato personale ma in quello professionale. Gran parte dei nostri dipendenti locali sono al loro primissimo lavoro. C’è grande voglia di fare ma, spesso, occorre affiancarli con pazienza così che possano crescere professionalmente nel tempo.
Per i ruoli senior questo è un mercato molto competitivo perchè ci sono più aziende in forte crescita che talenti con esperienza. Per questo quando abbiamo difficoltà a trovare un manager locale lo cerchiamo anche dall’estero.
Ciononostante ci mettiamo in media 4-6 mesi a coprire questo tipo di posizioni vacanti.
Perchè questa difficoltà ad attrarre talenti?
Non è per nulla scontato trovare l’abbinamento di competenze e motivazione. Tanti restano bloccati sui soldi. Oggi prendo questo stipendio e non posso accettare di meno. Poi i benefit, la comodità della vita in Europa.
Molti sono bloccati in vite che soddisfano solo l’aspettativa altrui… eppure non trovano il coraggio di buttarsi e preferiscono lamentarsi.
Qui è un altro tipo di vivere, un altro mondo. Ma si possono vivere esperienze in grado di dare tantissimo a chiunque. Tanto sul piano umano che su quello professionale.
Buttarsi in un contesto completamente diverso ti permette di capire di più chi sei e cosa vuoi fare.
Io stesso mi sono reso conto di aver preso decisioni troppo influenzato dalle aspettative altrui. Oggi vedo tanti ragazzi americani che vengono qui dopo le superiori, con programma tipo i Peace Corps. Niente di che, ma vivere un anno in realtà come queste ti cambia la testa.
Tornano a casa che hanno capito cosa fare della loro vita.
Occorre più gente che fa qualcosa perché la ama davvero risolvendo i bisogni di altre persone piuttosto che buttarsi tutti a cercare “cosa tira” perdendo tempo tra App e giochini.
Qui ti rendi conto che nel mondo servono soluzioni accessibili per i bisogni primari e che ci sono tante nuove imprese che nascono per questo motivo. Straordinario, ma tanti ancora non lo sanno.
Come hai imparato il Twi?
La lingua locale la impari perché la gente si apre appena incominci un po’ a parlarlo. I ghanesi sono molto gentili verso gli stranieri e orgogliosi della loro lingua. Quando capiscono che ti interessa la loro lingua e cultura, e non sei il solito bianco che parla solo inglese, ti aiutano un sacco.
Abbiamo chiesto aiuto ai colleghi, al mercato, ai taxisti. Se glielo chiedi possono interrompere tutto e insegnarti la lingua anche per mezz’ora.
Anche grazie alla padronanza del Twi oggi la polizia ci taglieggia meno perché siamo un po’ più “locali”.
Come (e dove) ti vedi tra dieci anni?
Sempre in un’azienda medio-piccola che cerca di innovare un modello di business per soddisfare gli enormi bisogni “Bottom of the Pyramid”. Sono bisogni facili da identificare, ma per cui non è banale trovare soluzioni scalabili.
Vorrei continuare a esplorare questo settore per essere a servizio di queste persone. Non perchè da soli non ce la possano fare, tutt’altro. La vita di queste presone è così difficile che hanno risorse impensabili. Ma a volte si può consentirgli di farcela in modo più veloce. Tutto qui.
Credo che quando sarò anziano sarò contento di quello che ho fatto del mio tempo. Magari non avrò la seconda casa o la macchinona ma avrò creato valore per qualcuno che ne aveva bisogno.
Leggi la storia di Simone su Millionaire. Poi ti aspettiamo in Vadoinafrica: Networking Group!
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