Tiziana Manfredi Senegal

Tiziana Manfredi: visual artist e videomaker a Dakar

Dal 2010 Tiziana Manfredi vive stabilmente nella capitale del Senegal, dove ha sviluppato un percorso creativo come visual artist e videomaker.

Tra le sue collaborazioni stabili quella come VJ nel collettivo afro-futurista Guiss Guiss Bou Bess, che mette in dialogo il sabar, percussione tradizionale wolof, con la musica elettronica. 

Prima di iniziare con l’intervista, ti invito ad entrare in VADOINAFRICA NETWORK, community dedicata a chi vuole creare valore con il continente del futuro.

Chi era Tiziana prima di arrivare in Senegal?

In parte ciò che sono oggi, sicuramente con meno esperienze e competenze. Ma con la medesima curiosità, desiderio di scoperta e connessione verso l’altro e l’altrove.

Questi otto anni in Senegal sono stati molto formativi, tanto per la sfera professionale quanto per quella personale.

Vengo da Genova dove, dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti e un Master in Architettura per lo Spettacolo, ho collaborato alla costruzione di scenografie per eventi e teatri.

Anni in cui ho gettato le basi per lo sviluppo di quelli che sono diventati tutti i miei progetti successivi.

Tiziana Manfredi Senegal

Cos’hai pensato la prima volta che sei arrivata a Dakar?

L’obiettivo del mio primo viaggio era una ricerca sul ruolo sociale dell’arte nelle culture tradizionali dell’Africa Occidentale, prosecuzione della mia tesi di laurea. L’energia di questa città mi ha impressionato.

Anche se a quel tempo mi era stato possibile visitare il resto del Paese, sono subito entrata in connessione con Dakar, che mi ha colpita per i suoi grandi contrasti, il movimento e il “caos armonioso” nel quale immergersi.

Come sei arrivata alla decisione di trasferirti?

Nel 2009, insieme al mio compagno di vita e lavoro Marco Lena, abbiamo realizzato un documentario sui car rapide, i noti minibus senegalesi. Presentato in diversi festival, tra cui il Festival del Cinema africano, d’Asia e America Latina di Milano, venne notato dal francese Canal+.

Arrivò così la possibilità di lavorare con loro, girando una quarantina di reportage e ritratti d’artista per il programma Plus d’Afrique.

 

Questa esperienza è stata per noi fondamentale nell’entrare in contatto con tutto l’universo dakarois e con diverse organizzazioni internazionali.

Ancora oggi sviluppiamo spesso progetti in comune. Marco è infatti anche restauratore di materiale d’archivio audiovisivo e qui si è presentata la possibilità di mettere in piedi un progetto per la digitalizzazione e la conservazione del patrimonio senegalese.

Come ti definisci oggi?

Sono video-maker e visual artist. Compiere il mio percorso creativo nella sfera culturale dell’Africa Occidentale è stata una sorprendente rivelazione.

Ci sono realtà molto stimolanti, ad esempio Ker Thiossane, centro di arte multimediale con cui ho sviluppato due installazioni video interattive, una delle quali presentata alla Biennale d’Arte Contemporanea di Dakar nel 2014.

 

Qui in Senegal ho potuto sperimentare il linguaggio video sotto tanti aspetti, grazie anche all’interazione con altri artisti e sviluppatori di linguaggi informatici. 

Dal 2012, dopo una residenza di creazione alla beninese Fondazione Zinsou, ho iniziato a lavorare con il coreografo congolese Andréya Ouamba. Nel 2016, grazie al sostegno dell’ambasciata italiana, abbiamo realizzato una performance di video e danza nel villaggio tradizionale di Ouakam.

 

Un passo alla volta queste collaborazioni mi hanno permesso di poter sviluppare una mia espressione artistica, raccontando attraverso le mie opere diversi aspetti di questa città e dei suoi abitanti.

Nel 2017 ho partecipato all’esposizione “Data City” del’ UNESCO per le “Città Creative” rappresentando Dakar con un’opera esposta al Centre des Arts di Enghiens les Bains, nei pressi di Parigi.

Quali sono le opportunità creative più interessanti a Dakar?

Le più grandi opportunità creative sono, secondo me, quelle legate agli incontri. Questa città è storicamente un importante carrefour, per ragioni politiche, storiche e culturali.

Dakar era la capitale dell’A.O.F. (Afrique Occidentale Française), sede di gran parte del sistema amministrativo, politico ed economico dell’enorme regione colonizzata dalla Francia. La maggior parte dei quadri dirigenti dei paesi limitrofi si formava qui, e questo ha portato la città ad essere un luogo unico di metissage.

È proprio in questa dimensione di contaminazioni culturali e di sincretismi che ho potuto fare gran parte delle mie esperienze professionali.

Oggi mi rendo conto della fortuna e della ricchezza che questi incontri mi hanno portato, infatti mi ritrovo ad avere amici e conoscenze in tanti luoghi della diaspora africana nel mondo come Haiti, Brasile, Martinica, Francia, USA oltre a mezza Africa.

Cosa ti piace di più della scena culturale di Dakar? Cosa di meno?

La scena culturale di questa città è estremamente ricca e varia, grazie agli eventi culturali più o meno importanti che portano in città sempre nuova aria di contaminazione.

La potenziale sinergia crea però allo stesso tempo conflitti anche culturali ma che fanno parte del gioco.

Come (e dove) ti vedi tra dieci anni?

Non posso rispondere con esattezza perché ho una spiccata, forse troppo, attitudine a vivere nel presente. Certo è che mi piacerebbe continuare il viaggio, e allo stesso tempo vorrei essere un ponte per nuove connessioni tra il mio paese d’origine e quello di adozione.

Mi piacerebbe poter condividere e far crescere la mia esperienza e il mio punto di vista rispetto al Senegal anche in Italia, che trovo purtroppo ancora troppo ancorata ai clichés di un rapporto che si limita alla visione Nord-Sud.

Mi piacerebbe che l’Italia si aprisse al mondo, smettesse di avere paura dell’altro, perché sembra che abbia dimenticato che è questo proprio altro che arrivò da paesi lontani che ha contribuito a quello che oggi definiamo la nostra “identità nazionale”.

Consigli di libri o film per avvicinarsi all’Africa Occidentale?

È fondamentale conoscere la storia afriana, anche pre-coloniale, per capire come tutti paesi della regione siano connessi, seppur con tutte le specificità culturali locali.

Come lettura suggerisco “Critique de la raison nègre” di Achille Mbembe, filosofo e teorico camerunense del post-colonialismo.

Come film propongo un nome oltre ai celebri Ousmane Sembene e Djibril Diop Mambety: William Mbaye, regista contemporaneo che ha scelto di dare voce a quella parte di storia che non è stata scritta.

Tra le sue opere consiglio due film: “President Dia” e “Kemtiyu”.

Consiglierei uno sguardo anche all’arte contemporanea, anche se spesso è considerata un argomento un po’ di nicchia. In realtà dice molto sulle tendenze e le tensioni delle nuove generazioni, che cercano di proiettare l’immaginario al di fuori del modello occidentale.

Per il resto è fondamentale un’esperienza diretta di vita qui, soprattutto delle dinamiche quotidiane.

Per seguire le orme di Tiziana entra oggi in VADOINAFRICA NETWORK.

 

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