Alberto Malanchino è un volto emergente del panorama della recitazione italiano. Milanese, classe 1992, si sta facendo notare in TV e a teatro.
Proprio in questi giorni è in scena al Franco Parenti con uno spettacolo dedicato a uno dei leader più carismatici del secolo scorso: Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso assassinato a 38 anni nel 1987.
“Verso Sankara” è il frutto della riscoperta delle radici familiari di Alberto ma anche il tentativo di suggerire un nuovo rapporto con il continente africano, in cui ci sia più volontà di imparare che di insegnare, più curiosità per l’altro che paura o sguardo stereotipato.
Proprio per questo Alberto ha accettato di raccontarci qualcosa di sè e del nuovo spettacolo.
Prima di iniziare l’invito ad entrare oggi nella Community VadoinAfrica Network: uno spazio collaborativo che, partendo da un’interazione pragmatica, prova a tessere nuove trame tra culture e società.
Chi è Alberto Malanchino?
Sono nato un quarto di secolo fa vicino a Milano da padre italiano e madre burkinabè. La famiglia di mio padre è cattolica, quella di mia madre musulmana. Ecco spiegato il mio doppio nome: Alberto Boubakar.
Ho vissuto due anni in Burkina Faso da piccolissimo (1-3 anni). Per il resto sono cresciuto a Milano tornando in Burkina solo un paio di volte da adolescente.
Negli anni ho purtroppo perso la conoscenza della lingua Moòré che parlavo da bambino.
Come ti sei appassionato di teatro?
Mi sono avvicinato con le rappresentazioni scolastiche. In quinta superiore ho assistito a “le allegre comari di Windsor” di Shakespeare e ho capito che recitare sarebbe stata la mia strada.
Ho iniziato a frequentare corsi serali di teatro, training, dizione fino ad essere ammesso alla “Paolo Grassi“. Sono stati anni magici dove mi sono confrontato e scontrato più volte con i miei limiti e le mie potenzialità.
Che rapporto hai con il Paese di tua madre?
Il Burkina è una parte di me. La mia “metà” importante che sto iniziando a riscoprire oggi, con una coscienza più matura. I miei ricordi di quando ero bambino sono infatti offuscati dal tempo.
Ho sempre apprezzato il grande attaccamento alle proprie origini e tradizioni da parte del popolo burkinabè, nonostante forze esterne spingano in tutt’altra direzione.
Anni di politiche neocoloniali hanno inciso in modo sensibile e oggi tanti giovani guardano all’Europa come alla terra promessa.
Come dico nello spettacolo “è dura fargli capire che in Europa non si arriva così, che c’è la crisi, che manca il lavoro… quando dico quanto pago d’affitto a Milano mi credono ricchissimo… e mi vergogno di dirgli queste cose”.
Com’è nato “Verso Sankara”?
Già durante i miei studi con Maurizio Schmidt (regista) è nata l’urgenza di far conoscere la figura eccezionale di Thomas Sankara. Abbiamo iniziato a pensare ad un viaggio in cui visitare i miei parenti e cercare notizie di prima mano su Sankara.
Quando siamo infine andati in Burkina abbiamo potuto parlare con molti suoi familiari e collaboratori, per compiere poi l’operazione drammaturgica di unire le nostre esperienze per dare vita alla narrazione di un ragazzo che, nel cercare la sua storia e le sue origini, si imbatte nella Storia con la S maiuscola.
Cosa ti auguri che il pubblico possa portare a casa da questo spettacolo?
Mi piacerebbe rimanesse impressa l’impresa eccezionale compiuta da un uomo davvero integro (Sankara ha cambiato il nome del suo Paese da Alto Volta a Burkina Faso: “terra degli uomini integri”).
Un uomo che ha saputo rimettere nelle mani del suo popolo la chiave dell’indipendenza, rifiutando la dipendenza neo-coloniale e trasformando un Paese (che era il penultimo più povero del mondo). Ha guidato verso la parità di genere, diffuso le vaccinazioni, educato contro AIDS e infibulazione, lottato contro la desertificazione e l’analfabetismo. Ha costruito scuole, ospedali, pozzi, case e infrastrutture.
Credo che oggi abbiamo bisogno estremo di ascoltare storie di persone che hanno avuto il coraggio di cambiare il destino compiendo una rivoluzione: personale e culturale.
Cosa può insegnare l’esperienza visionaria di Thomas Sankara a una società in “crisi di futuro” come la nostra?
Credo che dalla sua storia possiamo imparare ad essere più responsabili, in prima persona, rispetto alle situazioni deleterie che viviamo ogni giorno senza mai il coraggio di cambiare.
Un esempio? Di fronte all’apparentemente inarrestabile avanzare del deserto, Sankara coinvolse ogni famiglia, partendo dalla sua, a piantare cento alberi ogni anno!
Questo per me vuol dire prendersi cura di se stessi e della propria comunità.
In quanti aspetti potremmo, ogni giorno, replicare questo atteggiamento?
“Verso Sankara – Alla scoperta della mia Africa”
con Alberto Malanchino
regia e drammaturgia Maurizio Schmidt
musica dal vivo Moussa Sanou
tecnico luci Massimo Guarnotta
macchinista Federico Fe’ D’Ostiani
aiuto regia Maria Vittoria Bellingeri
organizzazione Davide Pansera
produzione Farneto Teatro in collaborazione con Tamat, AICS e Festival del Mondo in Comune
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