Jumia è il più importante portale di e-commerce in Africa. Un’azienda giovane, con il coraggio di lavorare a latitudini da cui Amazon e eBay si tengono (per ora) lontani causa logistica e particolari abitudini di acquisto.
Jumia è anche il primo “unicorno” africano ad essersi quotata a Wall Street (2019).
Tra i dirigenti Massimiliano Spalazzi, classe 1987, nato e cresciuto a Monza, che ricopre la carica di CEO Jumia Nigeria.
Prima di iniziare l’intervista ti invito in VadoinAfrica Network, la più grande community italiana per approfondire la tua conoscenza del continente africano come frontiera di opportunità.
Ciao Massimiliano, come sei arrivato a lavorare nell’e-commerce africano?
Mi ha sempre appassionato il mondo di internet. Dopo la laurea (Bocconi-Fudan University in Cina) ho accettato un’offerta come Business Developer con Rocket Internet, un incubatore tedesco di startup nei paesi emergenti.
Nel 2012 ero in Australia a seguire, come una sorta di tuttofare, varie startup del gruppo. Pochi mesi dopo è nata l’opportunità di andare in Nigeria per sviluppare il primo grande progetto di e-commerce africano.
Non nascondo il mio iniziale scetticismo a operare in questo campo in un Paese famoso per le truffe internet, le celebri “419”. Ma le metriche parlavano molto chiaro: c’era una vorticosa crescita delle connessioni internet e della propensione all’acquisto online, anche grazie all’influsso dell’enorme diaspora nigeriana nel mondo.
Eravamo sicuri ci fosse interesse. Si trattava soltanto di iniziare e provarci!
Cosa hai pensato appena arrivato a Lagos?
Era la mia prima volta in Africa e il primo impatto è stato abbastanza disorientante. Lagos è una megalopoli di oltre 20 milioni di abitanti.
Ricorderò sempre la strana sensazione che ho avuto quando, appena arrivato, ho chiesto al tassista “dai, portami in centro a mangiare qualcosa” e lui mi ha spiegato che… non esiste un centro della città!
Cos’era Kaymu quando hai iniziato a lavorarci?
Tutte le startup incubate da Rocket Internet hanno fondatori locali. Kaymu era stata appena lanciata da due giovani nigeriani da casa.
Non si tratta di e-commerce tradizionale (con acquisto online e consegna da parte dell’azienda) ma di un puro marketplace, finalizzato quindi solo a mettere in contatto venditori (brand internazionali ma anche piccole aziende locali) e acquirenti garantendo l’esperienza cliente dal portale.
È stata avventura pura per circa due anni. Molto presto ci siamo resi conto che, spingendo sul digital marketing, le vendite arrivavano!
Quali sono le dinamiche dell’e-commerce in Nigeria?
Tutto il commercio è un settore che gira davvero molto veloce: il nigeriano vuole sempre essere alla moda e compra parecchio. E la demografia è vorticosa.
Pensa che, a livello di pure connessioni internet individuali, la Nigeria ha già superato la Germania (91 milioni). Ovvio, il potere d’acquisto è differente. Ma c’è entusiasmo, dinamismo e l’idea che tutto è possibile.
Sin da subito abbiamo capito che i nostri concorrenti più temibili erano WhatsApp e Messenger: qui chiunque ha un nuovo prodotto imposta il profilo con il prodotto stesso e fa di tutto per piazzarlo!
Non mi stupisce che, nell’ultima classifica dei migliori venditori eBay, il numero uno al mondo sia un nigeriano.
Un ragazzo che, da casa sua a Londra, vende merce per qualcosa come 15 milioni di sterline all’anno!
Quali sono state le maggiori difficoltà nello sviluppo di Kaymu?
C’è un grande equivoco sulla sicurezza nel gestire un’azienda in Nigeria. Certo, ci sono stati parecchie difficoltà, anche bizzarre: per esempio ci succedeva regolarmente di ricevere ordini che venivano poi annullati quando il fattorino si presentava a casa del cliente. Dopo un po’ abbiamo capito che la gente voleva solo verificare che il sito funzionasse davvero.
Ma creare da zero una nuova azienda in qualsiasi contesto, africano o non, è sempre difficile!
Certamente qui ci sono pochi fornitori, una cultura diversa e bisogna creare il mercato. Ma sviluppare una startup in Africa è una palestra unica per imparare a farlo in altri contesti.
Dopo pochi mesi siamo stati premiati come “World Best Retail Launch” dal World Retail Congress (non riservato solo a realtà online): la prima volta in assoluto per un’azienda africana.
Ho poi seguito il lancio di altre piattaforme (food e immobiliare) che dal 2016 sono riunite dal brand Jumia. Oggi sono CEO di Jumia in nove paesi africani: Ghana, Senegal, Camerun, Uganda, Tanzania, Rwanda, Mozambico, Tunisia e Algeria.
Vivere a Lagos: come ti sei trovato?
L’idea stereotipata dell’Africa che abbiamo in mente raggiunge l’apice con la Nigeria. Si pensa automaticamente a Boko Haram e alla delinquenza di ogni genere.
Ma questo Paese è interessantissimo. Senza dubbio non è facile, in primo luogo perché le infrastrutture sono ancora deboli.
Tutti i giovani vogliono aprire un’azienda e lo fanno. Se in Italia con gli amici parli di cronaca e sport qui c’è una tale tensione al miglioramento che i dialoghi finiscono sempre sulle proprie iniziative e le prospettive per il futuro.
È abbastanza facile crearsi giro di amicizie, diciamo che ti devi mettere d’impegno per non conoscere nuove persone. Cristiani e musulmani convivono pacificamente. Boko Haram è a oltre mille chilometri, in altri stati della federazione nigeriana.
Di giorno si può tranquillamente camminare per la città. Visto che la lingua ufficiale è l’inglese non ci si sente estraniati nella vita di tutti i giorni come può succedere in Cina.
Massimiliano ha raccontato altri aneddoti della sua vita a Lagos in questo articolo per la sua Alma Mater.
Cosa rende unico l’ecosistema tech di Lagos?
Lagos, in pochi anni, è diventata il punto di riferimento del settore tanto che Sundar Pichai è solo l’ultimo di tanti giganti del web venuti in Nigeria per lanciare nuovi prodotti.
È incredibile se pensi che dieci anni fa non c’era nulla! Il mio primo giorno, nel 2012, appena uscito dall’aeroporto di Lagos, ricordo di essere incappato una pubblicità di Google che diceva “Try Gmail, it’s free”. Chiesi sempre al tassista che mi spiegò che “Qui tutti usano Yahoo e temono che Gmail sia a pagamento”
La prima volta che Google ha fatto un evento in Nigeria avevano messo alcuni PC con una buona connessione per “creare contenuto nigeriano”. Oggi a Yaba c’è un Tech Center con tantissimi fondatori locali che hanno startup davvero interessanti.
Un esempio per tutti? Jobberman (sito di annunci di lavoro, ndr) che nel 2015 ha realizzato la prima exit importante.
Poi ci sono tanti ex ragazzi Jumia che dopo un paio d’anni in azienda creano la propria startup costituendo un bel network.
In quali altri paesi africani vedi potenziale nell’e-commerce africano?
Le due regioni più mature sono il Nord e l’East Africa. Ma il potenziale è enorme ovunque: come quantità di utenti online, potere d’acquisto in crescita, sicurezza in miglioramento, qualità e quantità di operatori della logistica.
Se dovessi dire tre Paesi direi Ghana, Senegal e Camerun.
Cosa consigli a un giovane che volesse emularti?
Per venire a lavorare qui serve una mentalità imprenditoriale. Non è un contesto dove arrivi e trovi l’ufficio che ti supporta per trovare i contatti, l’assistenza, ecc.
Ma noi italiani, mediamente, abbiamo alcune caratteristiche chiave che ci rendono possibile lavorare bene in Africa, tra cui la creatività e la capacità di adattamento. Un po’ ovunque è facile sviluppare relazioni utili a lanciare una tua iniziativa.
Ma per avere successo l’Africa va vissuta. Non è un posto dove arrivi, ci stai un paio d’anni, sviluppi la startup e piazzi la exit.
Questi paesi vanno scelti e approcciati con un piano almeno decennale, non con l’interesse a tornare a casa il più presto possibile.
Se sei abituato a fare startup in Europa non è così semplice. Secondo me bisogna guardare di più alla prima generazione di italiani che è arrivata qua.
Gente come Cappa d’Alberto, partiti da Biella come manovali senza un soldo: negli anni ’30 hanno messo in piedi una delle aziende di costruzioni più importante di tutto il continente.
Perché in Africa devi essere presente, conoscere bene le persone con cui lavori, creare relazioni e in definitiva amare questi contesti.
Altrimenti non vai lontano.
Dove vivi oggi? Dove ti vedi tra dieci anni?
Da qualche tempo sono basato a Dubai ma passo la stragrande parte del mio tempo in aereo girando per il continente.
In futuro mi vedo sempre in Africa. Voglio che il continente rimanga il focus della mia carriera. Sono certo che la Nigeria resterà centrale.
Non solo perché l’e-commerce è appena all’inizio, ma anche perché è il Paese di origine della mia dolce metà (anche lei bocconiana, lavora nella moda) quindi la destinazione privilegiata delle nostre vacanze!
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